QUALCHE FILASTROCCA [primaria 3^ A]

Cara Linda,
ti invio alcune delle storie e delle filastrocche che hanno scritto i miei alunni.
Ciao, Delia Galardo

Una famiglia di robot

C’era una volta un robottino
piccin, piccin, piccino.
Aveva: il paparino
che leggeva un libricino
mangiando un biscottino
piccolino, piccolino,
aveva un fratellino
che giocava col trenino
con in testa un cappellino
bellin, bellino.

di: Ursini, Paone, Mucci, Fuoco, De Bonis
Ins Galardo

Il violinista

C’era una volta un robottino
che suonava il violino
andando sul carrettino
come un poverino.
Di notte faceva luce con l’accendino
per cucire un tappetino,
gli cadde pure un dentino
mangiando un biscottino.

di: Caracci, Faccendo, Casertano, Morelli.
Ins Galardo

Nascondino

Un bambino aveva un cagnolino
e mentre giocava con un robottino
arrivò un gattino birichino.
Il bambino, il robottino,
il cagnolino e il gattino
giocarono a nascondino.

di: Bissaco, Castaldi, Caldararu.
Ins Galardo

Storie Robotiche [primaria 3^ A]

IL CIRCO DEL ROBOT

C’era una volta un robot di nome Chip che viveva in un paese lontano. Un giorno gli venne un’idea e la propose alla sua mamma:- Posso organizzare un circo? La mamma gli rispose:- Va bene, puoi trasformare la nostra casa in un circo. E’ un’ottima idea! Chip andò al negozio, prese tutti gli attrezzi e allestì la sua casa per farla diventare un circo, poi fabbricò i cartelli che indicavano dov’era il circo per chi voleva andarci. La mamma presentò lo spettacolo e Chip fece il mago. Per fare una magia disse:- Per il mio prossimo numero mi serve un volontario. Fra il pubblico un bambino si offrì volontario. Chip disse:- Vieni pure bambino. Il mio prossimo numero sarà quello della scatola magica! Il bambino entrò nella scatola, Chip prima disse una parola magica, poi aprì la scatola e…… il bambino era scomparso! Gli spettatori si meravigliarono, Chip disse di nuovo la parola magica e il bambino ricomparve dietro la scatola. Tutto il pubblico applaudì e Chip fu felice perché aveva fatto lo spettacolo più bello del mondo dei robot.

di: M. Pistillucci, M. Manchisi, D. Zegut
Ins Galardo

Co-costruire robot [primaria Latina]

Bambine e bambini della classe 3A primaria co-costruiscono robot.

Ecco le foto ricordo.

Buona visione, Linda

Storie Robotiche [primaria 3^ A]

IL ROBOT EMILIO

C’era una volta un robot di nome Emilio che era stato creato da uno scienziato malvagio. Lo scienziato mentre lo creava e installava i dati non si accorse che invece d’inserire il file della cattiveria aveva inserito il raggio ultra-bontà. Il terzo giorno, dopo la costruzione del robot, lo scienziato gli ordinò di distruggere molte città per terrorizzare le persone e diventare lui il padrone del pianeta Terra, ma Emilio che non conosceva la cattiveria si rifiutò. Dopo un mese lo scienziato costruì un altro robot di nome Ser Chiller al quale mise il file della distruzione totale. Dopo qualche giorno gli ordinò di andare a distruggere Emilio. I due robot si incontrarono per uno scontro all’ultimo bullone. Iniziarono a lottare, ma Emilio con il suo raggio ultra-bontà sconfisse Ser Chiller e salvò il mondo.

di: S. Bissaco, D. Scarselletti, V. Paone
Ins. Galardo

Storie Robotiche [primaria 3^ A]

UN ROBOT PER AMICO

C’era una volta un bambino di nome Luis che aveva costruito un robot con i lego e lo aveva chiamato Max. Lui era diventato il miglior compagno di giochi di Luis, ma era un piccolo robot pasticcione perché con le sue mani-pinze rompeva tutti i suoi giocattoli. Un giorno Luis perse la pazienza e gli disse:- Vattene via, non ti voglio più vedere! Max , triste, triste se ne andò, ma non sapendo dove andare cercò di ambientarsi nel mondo costruendosi una casetta usando alcune buste dell’immondizia. Max non mangiava avanzi, preferiva nutrirsi con il ferro dei secchi della spazzatura. Passati alcuni giorni Luis che si era pentito andò a cercarlo per tutta la città. Cercandolo si fermò incuriosito davanti ad un secchio tutto mangiucchiato, quando sentì la voce di Max che diceva:- Luis vattene! Il bambino felice di averlo ritrovato provò a convincerlo a tornare con lui, ma mentre discutevano arrivò il camion della spazzatura che prese il secchione con Max dentro e lo portò via. Luis salì sulla la sua bicicletta e inseguì il camion fino alla discarica. Arrivati lì il bambino aiutò Max ad uscire dall’immondizia e gli promise che non lo avrebbe lasciato mai più e che sarebbero stati amici per sempre.

di: F. Castaldi, A. Checcacci, E. Francescani
Ins. Garlado

Storie Robotiche [sec. primo grado 3^ A]

UN UOMO SOLITARIO…E LA SUA GRANDE INVENZIONE
di Costigliola Francesca 3°A secondaria – Don Milani

In una piccola casetta sperduta nella radura viveva un uomo insolito e bizzarro. Costui, amava stare da solo, a costruirsi nuovi ideali ed a fantasticare. La gente lo scrutava con occhi malvagi e diffidenti perchè a prima vista sembrava un individuo cupo e privo di sentimenti. Quando egli scendeva in paese per comprare un po’ di viveri, si sentiva osservato e poco apprezzato. Ma, a quanto pareva, tutto questo gli era del tutto indifferente perchè amava la sua vita e l’apprezzava nella sua semplicità. Una mattina di primavera, egli restò seduto sul suo letto a guardare il tramonto e a pensare che forse non era così felice come credeva. Sentiva che gli mancava qualcosa di grande: forse un’ amicizia e una vita sociale. Ma aveva paura di confrontarsi con quel mondo che non gli era favorevole e che in precedenza gli aveva dato solo dispiaceri. Si sentiva, inoltre, in torto con gli abitanti del suo paesello che avevano cercato, inutilmente, di instaurare un rapporto con lui: ma lui aveva risposto a tutti con netto disprezzo. Così decise di mettersi al lavoro per rimediare questo danno. In tarda mattinata si sedette alla scrivania e cercò, grazie al suo grande intelletto, di realizzare qualcosa che potesse rappresentare la sua visione della vita per porla mostrare giù in paese in modo che tutti lo potessero capire maggiormente. Passarono molti mesi prima della completa relizzazione del progetto, lunghe nottate senza dormire e tanta pratica, fino a quando egli scese giù in paese convinto e soddisfatto di ciò che aveva realizzato. Gli abitanti rimasero sorpresi perchè per la prima volta videro quell’individuo con un grande sorriso stampato sulle labbra. Pertanto si fermarono in modo che lui potesse spiegare il motivo di tanta gioia. Così, egli presentò ciò che con cura era riuscito a costruire. Tirò fuori da una grossa valigia un robot davvero fantastico: era alto venti centimetri, molto colorato e arricchito con disegni romantici. Rappresentava l’amore ed era capace di numerose funzioni. A seguire questo primo automa ce n’era un altro che rappresentava la pazzia ed infine numerosi altri che rappresentavano tutti i sentimenti che esistono al mondo. Una volta fatti uscire tutti dalla valigia, cominciarono a giocare a nascondino. La pazzia incominciò a cercare e trovò per prima la pigrizia che si era nascosta dietro il primo cespuglio, poi la dolcezza che si era nascosta dietro una montagna di giocattoli. E infine tutti gli altri robot-sentimenti tra cui l’amore che la pazzia troverà per ultimo. Con questa, ingegnosa presentazione, gli abitanti poterono capire la concezione di vita di questo uomo solitario, ovvero che la cosa più bella della vita è l’amore e che la pazzia l’accompagna sempre. Da quel giorno i cittadini presero questa esperienza come una lezione di vita ed impararono a non giudicare le persone dell’apparenza e non escluderle mai.

DESCRIZIONE

Il mio robot si chiama “Amore”. E’ capace di svolgere numerose funzioni come quella di giocare a nascondino assieme ai suoi compagni robot. Ma sopratutto ha la capacità di scrutare nell’animo
della gente e mostrare la concezione di vita di ogni persona attraverso delle rappresentazioni teatrali.

Storie robotiche [sec. primo grado 1^ A]

IO E BAZ 3.0
di Cavicchini Alessandro 1°A secondaria Don Milani

A casa mia si era rotto il pavimento e vennero ad aggiustarlo. Intravidi una botola, ma da lì e in quel momento non si poteva passare. Quindi pensai che la notte sarebe stato il momento adatto per indagare. Arrivò la notte e andai nella stanza. Aprii la botola e scesi le scale. Là trovai BAZ 3.0, un robot multimediale in grado di leggere CD e DVD e di saper cantare, scherzare ed interagire. Ogni notte andavo da lui e mi facevo raccontare i film e qualche volta faceva pause pubblicitarie simpatiche e divertenti. Una notte lo feci vedere a mio fratello e la mattina dopo stava ancora ridendo. BAZ 3.0 era forte e simpatico e quando ero triste mi tirava su di morale con qualche barzelletta. Un giorno,tornato da un torneo di basket, non lo trovai. Lo cercai per tutta casa, in sala, in bagno, in camera dei miei, in garage. Alla fine andai in camera mia a riposare e lo vidi lì, a dormire sul mio letto. Già che c’ero lo presentai ai miei genitori. Tirai su uno show comico aperto a tutti, con lui ed altri comici(erano miei amici) e incassai molti soldi. Gli spettacoli continuavano e io incassavo sempre di più. BAZ col tempo mi era sempre più amico e aveva imparato a memorizzare più di mille impegni. Durante uno show un uomo mi chiese:”Quanto vuoi per BAZ“ e io:”Non è in vendita“. A mia insaputa riuscì a prenderlo di nascosto e lo portò via. Io ero così triste in quei giorni. Un giorno andai al centro commerciale “Latina Fiori” e vidi l’ uomo che con quelle mani gelide aveva portato via il mio amico. Andai da lui e gli dissi:”Dov’è BAZ !?“e lui :”A Milano, in uno show comico“. Tornando a casa pensavo a lui:”Ma certo!!!“presi i soldi incassati negli show e partii. Arrivato a Milano chiesi a tutti dove, e se, avevano visto BAZ e mi risposero:”Si, lavora in TV a Colorado Revolution con la Brescia e Braida“. Andai là e mi dissero che non potevo riprendermi BAZ 3.0, ma io insistetti al punto che li convinsi a prestarmelo ogni estate. Da allora, ogni estate la trascorro con BAZ, ma quando arriva l’autunno e il momento della sua partenza torno ad essere triste.

IL MIO AMICO ROBOT [sec. primo grado 1^A]

IL MIO AMICO ROBOT
di Erika Donatucci – 1^ A secondaria – Don Milani

DESCRIZIONE: Il mio robot si chiama RULLO ROBOT XYZ-23. Ha una testa rotonda, occhi, naso e bocca colorati. Ha 4 braccia: 2 allungabili e alla fine una pinza, altre 2 allungabili e alla fine una mano. È alto 1 metro e al posto dei piedi ha delle rotelle. CARATTERISTICHE: RULLO 23 è un robot elettronico. Interagisce con me e prova dei sentimenti, ma solo per i robot. Ha un pulsante verde che fa apparire lo schermo e la tastiera di un computer, che funziona anche da stereo e da televisione. Poi ha un pulsante rosso che serve per farlo diventare un bracciale, così lo posso portare sempre con me. Deve saper fare ciò che fa un uomo e deve farmi compagnia. Ha una vista e un udito che possono arrivare fino a 300.00 Km. Si può trasformare in una navicella spaziale, che posso guidare senza patente. Ha delle tasche da cui tira fuori tutto ciò che voglio. Sa diventare piccolissimo e volare. È in grado di registrare, filmare e scattare foto. Può trasformarsi in una fotocamera digitale e in un navigatore satellitare. Di notte si attacca alla corrente per ricaricarsi.

L’INCONTRO CON IL MIO AMICO

Quando andai in Inghilterra comprai un robot. Tornata a casa lo attaccai alla corrente e andai a dormire, ma la mattina dopo trovai una sorpresa incredibile : il mio robot si era animato e mi parlava! Decisi di dargli un nome e lo chiamai RULLO ROBOT XYZ-23 (ma siamo diventati grandi amici, quindi lo chiamo RULLO). “Stai attenta”, mi disse quando lo riattaccai alla corrente. “ Sento una strana scarica elettrica”. Mi raccontò tutto ciò che sapeva fare e mi disse che lui era stato costruito da un ragazzo inglese che aveva assemblato vari pezzi. Parlammo per tante ore e da quel momento fummo inseparabili. Andammo a fare una passeggiata nei giardini della Q4 e per ogni cosa che vedeva voleva sapere come si chiamasse e cosa facesse. Quando tornammo volle vedere tutta la casa e conoscere il nome di ogni stanza. Mi insegnò alcune parole che gli aveva programmato quel ragazzo inglese: ciao si diceva “ta-ta”, grazie si diceva “aaate”, prego si diceva “peg” ed Erika si diceva “Eta”. Poi mi disse che aveva un po’ di nostalgia per il suo amico e si intristì un po’. Allora io per distrarlo gli dissi:- RULLO vorrei provare a volare su di te”. In un istante si trasformò e volammo per un ora. Giocammo a molti giochi da tavolo, al computer, ma purtroppo la sera arrivò presto. Io dissi, un po’ triste:- ora vuoi ritornare dal tuo amico inglese? Pensò un attimo e rispose:- Non parto, perché anche se ho un po’ di nostalgia, ora mi trovo bene qui con te. Io lo abbracciai forte, a nche se mi feci un po’ male perché era di ferro! Con lui mi trovo molto bene, perché so che è un amico fedele. Passiamo le giornate insieme, però non lo “uso” per fare i compiti, ma per stare con me, perché avere un amico è sempre bello.E se l’amico è simaptico e divertente come lui, è ancora più bello!

Storie Robotiche [sec. primo grado 3^ A]

LA DESCRIZIONE DI FLUFF

Il mio robot non dovrebbe essere troppo grande ma neanche troppo piccolo, quando chiudo gli occhi lo immagino con una testa grande come il corpo, entrambi ricoperti da una massa di pelliccia colorata, blu a chiazze rosa. Dovrebbe avere due occhi verdi e una bocca sempre piena dei cibi più gustosi. Al collo porterebbe una grossa sciarpa verde, abbinata al grande cappello che lo proteggerebbe con amore dal quale, ogni tanto, estrarrebbe dolci di tutti i tipi. Dal suo corpicino partirebbero due braccia meccaniche viola, capaci di allungarsi, terminanti con quattro filamenti, le dita, e due grandi piedoni con tre dita di colore arancione. Lo immagino molto reattivo, che non parli e che qualche volta, perda uno dei pezzettini che lo compongono così io con pazienza li rimonterei. Il mio robot dovrebbe essere tanto dolce, sempre pronto ad ascoltarmi e sostenermi, dovrebbe essere il mio migliore amico. Con qualche difetto però, che ne farebbe quasi un essere umano. Con un nome, non so quale, forse Fluff, non apparterrebbe a me, ma farebbe parte di me, sempre pronto a seguirmi e sfamarmi con il suo goloso cappello. Non dovrebbe rendere più semplice la mia vita, servendomi come voglio, dovrebbe solo colorarla un pò così che a ogni strano verso come fluff o ciock, mi riempirei di gioia.

LA STORIA

Non avrebbero mai potuto sapere che da quel giorno le loro vite sarebbero parzialmente cambiate, o meglio le loro fatiche sarebbero diminuite grazie a due simpatici e buffi ammassi di metallo. Ancora adesso, stranamente, nessuno delle loro famiglie è riuscito a capire come siano venuti fuori due soggetti simili. Era notte. E proprio quella notte si sentivano dei rumori. A dire la verità solo Rossella li sentiva ma non ci faceva caso, in quanto convinta appieno, come sempre, di essere nel bel mezzo dei suoi sogni. E la mattina, cosa si ritrova in camera, già indaffarato a farle la cartella? Un essere, sempre che lo fosse,di metallo, plastica o qualcosa di simile, alto un metro scarso, veloce e stranamente silenzioso. A primo impatto era più che sicuro di assistere a una delle sue visioni, in seguito capì che non era così perchè non accennava affatto a scomparire. Allora provò a prendere la cosa alla leggera, con simpatia come aveva fatto anche quell’esserino di fronte a lei che, ancora tutto soddisfatto, la fissava. A un tratto, negli occhi gli si accesero due lucette di colori differenti e poi, con una vocetta tecno, le fece: – Ciao! – Ricambiò il saluto leggermente intimidita, atteggiamento che, però, dopo un romantico episodio svanì completamente: diventarono, infatti, due veri amici, l’uno si poteva fidare tranquillamente dell’altra, e erano, ormai, una cosa sola, inseparabili dopo un aneddoto che forse avrebbe dovuto dividerli. Alcuni giorni dopo l’apparizione del robot, a scuola, l’unico luogo in cui il piccolo non la seguisse, la ragazza raccontò tutto ad una sua amica, la quale le spiegò che, grazie a una simpatica, ma strana coincidenza, anche a casa sua era arrivato uno strano aggeggio di circa mezzo metro ricoperto da una folta pelliccia colorata che ancora non aveva pronunciato una parola ma solo emesso uno strano piccolo suono con il quale ormai lo chiamava, Fluff. Decisero allora di incontrarsi così da riuscire a chiarirsi le idee. Nel pomeriggio, finalmente, Andrea, l’altra ragazza, aveva trovato il tempo di andare a casa dell’amica. Ma quando suonò alla porta e Rossella le aprì successe qualcosa che confuse ulteriormete le idee alle ragazze: i robot, con gli occhi da sognatori, avevano iniziato a emettere dalla bocca delle grandi bolle come di sapone, dai colori più svariati, che lentamente salivano verso il cielo. Andrea entrò e, ancora sbalordita lì presentò, Pof farfugliò qualcosa: – Bit egò Pof sin tech sent – e Fluff gli rispose: – Onecut hava Fluff -, per la prima volta aveva parlato. Le ragazze, ormai con il cervello in fiamme, presero un foglio, si sedettero e cercarono di parlare con Pof: – Ciao! Come va? – disseo lentamente. Lui senza scomporsi rispose: – Bene e a voi? –
– Bene, ma ….tu chi sei? –
– Pof –
– Si, ma …insomma: cosa sei? –
– Sono come Fluff –
– Ok ma più esattamente, cosa siete? –
– Robot: perchè , non si vede? –
Le ragazze ormai innervosite si arresero, era come se i robot non volessero far sapere chi fossero. Cambiarono, allora, discorso.
– Cosa vi siete detti prima? –
– Ci sìamo presenta – rispose Fluff in un italiano un pò stentato che fece brillare gli occhi ad Andrea, orgogliosa della prima frase del suo robot.
– Mi è venuta un’idea -, disse poi, – perchè non insegnamo a Fluff a parlare? –
Passarono, allora, due ore circa e tra continue risate e bolle si sapone dei due robot era arrivata, a malincuore, l’ora di tornare a casa. Rimasti soli, Rossella chiese a Pof, che si era visibilmente rattristato: – cosa succede? –
– Niente, cosa può mai succedere a un robot, sono stanco – ma dopo un’occhiataccia della ragazza ammise: – Come dite voi quì? Sento le formiche nella pancia – Rossella lo interruppe: – Sei cotto! –
– Wit conc – rispose come rassegnato.
– Cosa? –
– E già……………………………………………Tu puoi aiutarmi? –

La ragazza, con lo sguardo di chi ha già un’idea, acconsentì e il giorno dopo parlò con l’amica: anche Andrea aveva la stessa missione. Tornate a casa riferirono tutto ai loro robot e più tardi si incontrarono al parco, decise a creare l’atmosfera perfetta. Tuttavia, subito dopo aver lasciato soli i due automi, il cielo divenne di un viola caldo e due palline, una blu e l’altra rosa, uscirono dai nasi di Pof e Fluff raggiungendo il naso dell’altro. Che spettacolo!!!! Non sapendo cosa fosse successo, ma comunque soddisfatte per l’evidente successo della loro iniziativa, Rossella e Andrea tornarono a casa. Tuttavia, non riuscivano a dimenticare ciò che avevano visto e, nonostante le continue richieste di spiegazione, non riuscivano a capire bene che cosa fosse accaduto. Infatti, il discorso finiva sempre con la paziente affermazione dei poveri robot che, con aria rassegnata, ripetevano: “si, è come dici tu, ci siamo messi insieme!” E il solito “Ah, e non potevi dirlo prima!” delle ragazze. Fluff e Pof scambiavano occhiate furtive: per molti aspetti era difficile spiegare a due umane i loro sentimenti robotici… Comunque, nonostante ciò, quell’episodio fu alla base di un grande rapporto tra le ragazze e i robot, che divennero l’uno una parte dell’altro: ormai da soli si sarebbero sentiti persi… anche se Fluff e Pof impararono a lasciare un pò di intimità ad Andrea e Rossella e a rispettare gli spazi e i tempi destinati alle grandi confidenze delle due amiche. Certo, non sempre è facile comunicare tra due mondi tanto diversi, ma imparare a rispettarsi reciprocamente non è forse la regola base per ogni pacifica convivenza?

Andrea Silvestri e Rossella Lanna cl. 3°A – secondaria di primo grado